GLI ALIMENTI ULTRA-PROCESSATI INDICATI SULLE ETICHETTE?

 
Non basta controllare e analizzare la composizione e qualità nutrizionale dei cibi per stabilirne il valore o al contrario le controindicazioni, ma un altro elemento deve sempre essere monitorato per conoscere davvero l’effetto del cibo sulla nostra salute: è il grado di lavorazione che dovrebbe comparire sulle etichette per indirizzare i consumatori a scegliere con sempre maggiore consapevolezza.

È questo l’importante risultato di uno studio italiano realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese e Como, l’Università di Catania e Mediterranea Cardiocentro di Napoli. La ricerca è stata condotta per 12 anni sullo stato di salute di oltre 22 mila persone indagando quale aspetto dell'alimentazione definisca meglio il rischio di mortalità.

Per capire, quindi, se un alimento sia sano o meno non è sufficiente guardare i valori nutrizionali ma anche il grado di lavorazione. Ed ecco che ancora una volta il metodo proposto dalla Francia, ovvero il NUTRI-SCORE anche in questo si rileverebbe inefficace. Si ricordi infatti che questo sistema valuta la qualità nutrizionale di un alimento (ad esempio in base al contenuto di grassi, sale, fibre, etc.), con una scala di cinque colori, che vanno dal verde (cibo più salutare) al rosso (i cibi da evitare) e a cui corrispondono le prime cinque lettere dell’alfabeto, A-B-C-D-E. In questa catalogazione manca l’indicazione se un alimento è stato lavorato e quanto.

Contrariamente al NUTRI-SCORE, la classificazione NOVA, ideata da un gruppo di ricercatori brasiliani, identificherebbe gli alimenti cosiddetti ultra-processati, ossia quei cibi fatti in parte o interamente con sostanze che non vengono utilizzate abitualmente in cucina (proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati) e che contengono generalmente diversi additivi, come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti. Un esempio sopra tutti sono le bevande gassate e zuccherate, ma anche i piatti pronti, i cibi e gli snack preconfezionati, gli yogurt e le creme spalmabili.

Per cambiare davvero le nostre abitudini alimentari basterebbe forse ricordare che nel mondo 1 morte su 5 è dovuta ad una scorretta alimentazione, per un totale di 11 milioni di decessi l'anno. Secondo l'epidemiologa del Dipartimento primo autore dello studio, Marialaura Bonacci, i risultati hanno evidenziato che il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale aumenta il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari, ma a fare peggio è quello dei cibi ultra-processati.

Il sistema di etichettatura, quindi, deve valutare un alimento sulla base delle caratteristiche nutrizionali ma soprattutto se sia stato lavorato a livello industriale. Ma c’è anche chi come, Giovanni de Gaetano, Presidente dell’ I.R.C.C.S. Neuromed è convinto che per poter migliorare davvero l’alimentazione, si dovrebbe ritornare all’antica lezione della Dieta Mediterranea, che è uno stile di vita caratterizzato da una sapiente scelta degli alimenti e del modo di combinarli e consumarli.

 
FONTE: ANSA
 
 
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