Quando il “Parmesan” è russo e non padano

 
Dopo l’aceto di Modena plagiato da aziende slovene, un altro attacco interessa un rinomato prodotto Made in Italy. Anche se le prime denunce risalgono ad almeno una decina di anni fa, ora la situazione sta diventando sempre più critica e sugli scaffali dei negozi e supermercati russi è ormai routine trovare confezioni di “Parmesan” o “Parmezan”.

È cosa bene nota che i nostri rinomati prodotti italiani siano vittime oramai da tempo di concorrenza sleale da parte di aziende straniere. È questa quella pratica, abbracciata da troppi paesi europei, che passa sotto il nome di “Italia sounding” ovvero l’imitazione delle nostre eccellenze enogastronomiche. Sono questi veri e propri alimenti taroccati che con la nostra nazione poco a addirittura nulla hanno a che fare.

In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi, in primis il Parmigiano Reggiano, seguito dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha ormai tristemente superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in molti continenti.

Sembra incredibile ma i paesi in cui le nostre eccellenze vengono maggiormente plagiate sono i paesi ricchi e in testa svettano gli Stati Uniti, dove si stima che il valore dell’Italian sounding complessivo abbia raggiunto i 40 miliardi di euro. E in Russia, anche prima dell’inizio della guerra e a causa dell’embargo nei confronti dei prodotti stranieri, il fenomeno sta assumendo negli ultimi anni numeri sempre più preoccupanti. Analizziamo qualche cifra: l’embargo alimentare del 2014 ha così colpito l’interscambio commerciale tra Italia e Russia che nel 2015 è calato di quasi il 40% rispetto al 2014: 27,7 miliardi di euro contro 43,5 miliardi di euro. Ed a farne le spese è stato inevitabilmente il settore agroindustriale, perché sono stati colpiti dal divieto di importazione tutti quei prodotti che arrivavano in grandi quantitativi in Russia dal nostro Paese: formaggi, carni e insaccati.

Se la ricca clientela russa non riesce a rinunciare alle nostre primizie e se al tempo stesso è sempre più difficile, quando non impossibile, reperirle nei normali negozi o supermercati, è diventata ormai pratica comune, incentivata dal governo di Putin, il potenziare l’industria alimentare locale. Ciò che non può essere importato va riprodotto il più fedelmente possibile, incorrendo anche in processi assolutamente illegali che rischiano di mettere sempre più in ginocchio la nostra economia, già sofferente per il rincaro delle materie prime e dei costi dell’energia. 
 
 
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