La Corte d’Appello federale statunitense ha stabilito, con una decisione a maggioranza, che la maggior parte dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump non trova fondamento nell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977. Secondo i giudici, la legge non attribuisce al Presidente il potere di imporre tariffe commerciali, competenza che spetta al Congresso, e l’uso di tale strumento da parte della Casa Bianca ha dunque travalicato i limiti costituzionali. Pur dichiarando l’illegittimità dei dazi, la Corte ha deciso di mantenerli temporaneamente in vigore fino al 14 ottobre, in modo da consentire all’amministrazione di presentare ricorso alla Corte Suprema.
La vicenda ha radici nei mesi scorsi: il 28 maggio 2025 la Court of International Trade aveva già giudicato i dazi contrari all’IEEPA, mentre il 31 luglio il caso è stato discusso in appello davanti al Federal Circuit riunito in composizione integrale. La sentenza del 29 agosto conferma l’orientamento di primo grado, ma differisce gli effetti concreti per evitare un vuoto normativo immediato e lasciare margini di manovra al governo.
Le conseguenze sono potenzialmente rilevanti. Sul piano istituzionale, la controversia solleva interrogativi sull’ampiezza dei poteri presidenziali: fino a che punto il Capo della Casa Bianca può ricorrere a strumenti emergenziali senza l’approvazione esplicita del Congresso? Il riferimento implicito è alla cosiddetta “major questions doctrine”, secondo cui le decisioni di grande impatto politico ed economico devono essere autorizzate dal legislatore. Sul piano economico, invece, l’incertezza pesa su imprese e mercati: se la Corte Suprema dovesse confermare l’illegittimità dei dazi, il governo americano potrebbe trovarsi di fronte alla necessità di restituire decine di miliardi di dollari riscossi negli ultimi anni. Attualmente, le entrate derivanti dalle tariffe ammontano a circa 30 miliardi di dollari al mese.
Dal canto suo, l’amministrazione Trump ha difeso la legittimità delle misure, definendo la decisione della Corte “partigiana” e lasciando intendere che, qualora i dazi fossero definitivamente annullati, potrebbero essere riproposti attraverso altri strumenti giuridici, come le sezioni 232 e 301 del Trade Act. In attesa della pronuncia della Corte Suprema, le imprese restano in sospeso. Nel caso italiano, l’impatto è significativo: i dazi continuano a gravare sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, in particolare nei settori agroalimentare e vitivinicolo. Secondo la US Wine Trade Alliance, gli importatori sono ancora obbligati a versare le tariffe e i produttori italiani si trovano quindi a operare in un quadro di forte instabilità.
La data del 14 ottobre rappresenta dunque un passaggio decisivo: fino ad allora i dazi resteranno in vigore, ma il futuro dipenderà dalla scelta della Corte Suprema e, più in generale, dall’esito dello scontro tra potere esecutivo e legislativo in materia di politica commerciale.
FONTI: LA REPUBBLICA,ANSA.IT, ADNKRONOS, AXIOS