DAZI USA SULLA PASTA ITALIANA: PRESSING DIPLOMATICO PER EVITARE L’AUMENTO AL 107%

Lo spettro di un maxi-dazio del 107% sull’export di pasta italiana verso gli Stati Uniti continua a preoccupare il comparto agroalimentare nazionale. L’aumento, legato alle accuse di dumping mosse dal Dipartimento del Commercio statunitense, potrebbe entrare in vigore già dal gennaio 2026 se non verrà raggiunto un accordo nelle prossime settimane. A oggi, sui prodotti italiani del comparto grava già un dazio del 15%, ma la misura antidumping se confermata porterebbe l’imposizione complessiva oltre il 100%, con effetti potenzialmente devastanti per l’intera filiera.

Secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, le accuse americane sono «infondate e prive di basi economiche concrete». Intervenendo al 27° World Pasta Day, Urso ha ribadito che il Governo italiano sta lavorando a stretto contatto con il Ministero degli Esteri e con la Commissione europea per difendere le aziende coinvolte.
Siamo certi, ha dichiarato, che prevarranno le buone ragioni delle nostre imprese nella revisione in corso al Dipartimento del Commercio USA. A inizio dicembre, Urso sarà a Washington per un vertice bilaterale dedicato a industria, tecnologia e commercio, occasione nella quale il tema dei dazi sarà al centro dei colloqui.

Anche il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida ha confermato «il pieno sostegno politico e diplomatico alle imprese italiane», assicurando che l’Italia sta operando in stretta collaborazione con Bruxelles. Un incontro tra il governo italiano, le associazioni di categoria e il Commissario europeo al Commercio, Valdis Dombrovskis, è previsto per il 31 ottobre, con l’obiettivo di coordinare una strategia unitaria europea. Lollobrigida ha inoltre sottolineato che «questo contenzioso non è collegato al meccanismo dei dazi generali del 15%, ma rappresenta una procedura autonoma legata a un’indagine di tipo commerciale».
Sul fronte politico, il ministro ha respinto anche le polemiche nate dopo alcune dichiarazioni diffuse sui social americani, ribadendo che «il dialogo tra Italia e Stati Uniti non sostituisce quello europeo, ma lo rafforza».

Nel frattempo, le associazioni italiane del settore si sono mobilitate. Margherita Mastromauro, presidente dei Pastai di Unione Italiana Food, ha chiesto la creazione di una task force nazionale a sostegno delle imprese coinvolte, evidenziando la necessità di «interlocuzioni dirette con Washington, sfruttando anche le relazioni bilaterali positive tra i due Paesi».
Sulla stessa linea Paolo Barilla, presidente di Unione Italiana Food, che auspica una soluzione rapida per evitare «ripercussioni economiche significative sull’intera filiera e sull’occupazione».

Nonostante il clima di incertezza, i dati diffusi da Unione Italiana Food e International Pasta Organisation confermano la leadership mondiale dell’Italia nel settore: nel 2024 la produzione ha superato i 4,2 milioni di tonnellate, mentre nel 2025 l’export è cresciuto del +2,5% rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti restano il primo mercato extraeuropeo per la pasta italiana, con un valore complessivo dell’export superiore ai 650 milioni di euro. Le prossime settimane saranno decisive. Se le consultazioni diplomatiche in corso tra Roma, Bruxelles e Washington non porteranno a un accordo, dal gennaio 2026 potranno scattare automaticamente i nuovi dazi. Un’eventualità che, secondo fonti del Ministero del Made in Italy, colpirebbe non solo le imprese direttamente coinvolte, ma l’intera catena del valore della pasta italiana, mettendo a rischio competitività e presenza del Made in Italy sul mercato statunitense.

 

FONTI: IL SOLE 24ORE, IL MESSAGGERO, IL GIORNALE, AVVENIRE, LA REPUBBLICA