Falso Made in Italy: un business da quasi 90 miliardi

 
Negli ultimi anni i riflettori sono sempre più puntati verso il fenomeno dell’Italian sounding, ovvero la contraffazione di prodotti alimentari che richiamano – nel nome, nei colori o perfino più esplicitamente nell’origine geografica – un’italianità che in realtà non esiste. Nonostante la crescente attenzione, i numeri sono piuttosto allarmanti.
Il falso Made in Italy agroalimentare fattura infatti 80 miliardi, ovvero 30 in più rispetto a quello realizzato dalle vendite di parmigiano, ragù e aceto balsamico autentici messi insieme. Ciò significa che sei prodotti su dieci sono taroccati. Addirittura, in Germania, Giappone e Brasile - ovvero i Paesi al top della lista dei copiatori seriali – ben 7 su 10 non sono originali.
Il fatturato dell’export dei prodotti agroalimentari percepiti come italiani vale oltre 129 miliardi di €, di questi solo il 40% va alle imprese che producono vero Made in Italy, il resto, ovvero la fetta più grande, alimenta l’industria del falso. Questi prodotti contraffatti sfruttano la reputazione delle eccellenze del nostro Paese e sono sempre più considerati italiani dai consumatori. Spesso è facile ingannare ingenui acquirenti che, non conoscendo l’originale, non hanno metri di paragone e giudizio.
Enorme il danno all’economia italiana. Basti considerare che nel 2020 la contraffazione ha provocato un decremento economico nazionale pari a 17 miliardi di euro, determinando un minor gettito erariale, di Iva, Ires, Irpef e contributi previdenziali non versati di oltre 4,8 miliardi.
Se da un lato si tratta di una vera e propria concorrenza sleale, che sfrutta il valore del marchio e dell’immagine italiana senza possederne i requisiti, dall’altro il rischio concreto è un impoverimento della percezione della qualità dei prodotti fake che pur mantenendo o copiando il nome non sono in grado di rispettare le caratteristiche dell’originale. Ne consegue un inevitabile scetticismo dei consumatori nei confronti dei prodotti italiani: non si comprano per non rischiare di comprare falsi.
Il governo è corso ai ripari con un pacchetto di norme per tutelare il sistema Paese anche contro l’Italian sounding, prevedendo, tra le altre cose, un inasprimento delle misure penali. Parallelamente la Guardia di finanza ha potenziato il livello degli accertamenti per tutelare il Made in Italy.
È indubbio che il problema dell’Italian Sounding richieda un intervento urgente delle nostre istituzioni delle imprese per limitare il più possibile i conseguenti danni economici e di immagine.
Oltre ai provvedimenti normativi volti a vietare l’uso fraudolento della bandiera italiana e di altri segni distintivi, occorre una forte sensibilizzazione dei consumatori stranieri sui criteri che definiscono un vero prodotto italiano.
 
 
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